IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesa di archiviazione depositata dal p.m. il 9 dicembre 1995, visto l'atto di opposizione depositato nei termini dal querelante persona offesa, prof. Tanis Asim. O s s e r v a Con querela del 2 ottobre 1995, il prof. Tanis Asim lamentava il contenuto diffamatorio del titolo "offese da turco" di un articolo pubblicato sul Gazzettino del 6 luglio 1995, e chiedeva di essere informato della eventuale richiesta di archiviazione. Il p.m. con atto del 18 ottobre 1995 richiedeva l'archiviazione e comunicava la richiesta al querelante che proponeva tempestivo atto di opposizione. L'opposizione della persona offesa, che e' ampiamente motivata sulle ragioni per le quali l'espressione "da turco" ha, nella lingua italiana, valore diffamatorio e non semplicemente pittoresco, come ha sinteticamente ritenuto il p.m. dovrebbe, pero', essere dichiarata inammissibile ai sensi dell'art. 410, primo comma, del c.p.p. poiche' il querelante non ha indicato l'oggetto della investigazione suppletiva, ne' i relativi elementi di prova. Pare a questo giudice che la norma, cosi' formulata, violi l'art. 76 della Costituzione, per non avere osservato i principi e i criteri direttivi fissati, sul punto, dalla legge delega 16 febbraio 1987, n. 81. L'art. 2, primo comma, n. 51 della predetta legge prevede, infatti, la "... facolta' della persona offesa da un reato... di formulare al giudice istanza motivata di fissazione dell'udienza preliminare...". Il semplice obbligo di motivazione (ovvero di una qualsiasi argomentazione in fatto o in diritto), e' diventato, nella norma del codice, il ben piu' pregnante obbligo di indicare l'investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova, col risultato che l'opposizione del prof. Tanis Asim, riccamente motivata e quindi fornita dei requisiti previsti dalla legge delega non e' pero' ammissibile alla luce di quelli ben piu' ristretti dell'art. 410, primo comma, del c.p.p. Pare, inoltre, a questo giudice, che l'art. 410, primo comma, del c.p.p. nella parte in cui prevede che la parte offesa indichi, a pena di inammissibilita', l'oggetto delle investigazioni suppletiva e i relativi elementi di prova contrasti anche con l'art. 3 della Costituzione, poiche' viola il fondamentale principio di ragionevolezza e crea, tra le persone offese da uno stesso reato, ingiustificate disparita' di trattamento. Infatti, qualora il p.m. sia stato diligente e la richiesta di archiviazione sia formulata all'esito di complete indagini preliminari, la persona offesa sara' nella condizione di non poter proporre opposizione, anche nel caso in cui abbia da far valere ragioni in diritto o ritenga che il p.m. abbia erroneamente valutato le circostanze di fatto; ove il p.m. sia stato, invece, meno diligente, la parte offesa da quello stesso reato, potra' giovarsene ed, indicando quei mezzi di prova che l'organo dell'accusa ha trascurato, far valere, con l'atto di opposizione e nella successiva udienza davanti al g.i.p., le proprie ragioni, anche in diritto e sulla valutazione dei fatti. Ed e' irragionevole che l'organo dell'accusa possa, col suo comportamento di fatto, condizionare i diritti delle parti, che, identico il titolo del reato, potranno o meno proporre opposizione, a seconda che le indagini compiute siano piu' o meno esaurienti. La norma crea, inoltre, irragionevoli disparita' di trattamento, tra persone offese, poiche' la possibilita' di proporre opposizione finisce per essere fortemente condizionata dal titolo di reato. Vi sono, infatti, reati per i quali, come nel caso di specie e nella gran parte dei reati di diffamazione a mezzo stampa, non e' necessario espletare indagine alcuna, dovendosi limitare il p.m. a compiere una valutazione delle frasi adoperate e del contenuto piu' o meno diffamatorio che possono avere; la richiesta di archiviazione, atteso che non e' possibile mettere in dubbio la commissione del fatto e gli autori sono sempre e facilmente identificabili, e' di frequente, come in questo caso, motivata dalla liceita' delle espressioni adoperate, considerazioni alle quali la persona offesa non si trova in grado di replicare perche' non ha investigazioni suppletive da indicare. Ed e' questa una ingiustificata disparita' di trattamento nei confronti di persone offese da reati diversi, ad esempio ingiurie, o diffamazione commessa non a mezzo stampa, per i quali esiste, almeno in astratto, la possibilita' di indicare investigazioni suppletive, magari sulle circostanze in cui le parole sono state pronunciate e quindi sul reale significato che e' stato loro attribuito, o sulla eventuale presenza di persone che possano averle percepite. Ed e' una disparita' di trattamento irragionevole ed ancor piu' ingiustificata se solo si considera che essa finisce per limitare il diritto di proporre opposizione proprio delle persone offese dai reati di diffamazione che il codice ha, di converso, ampiamente tutelato, prevedendo (art. 577 del c.p.p.) che possano proporre impugnazione anche agli effetti penali; se il legislatore ha ritenuto che il patrimonio morale della persona offesa dai reati di ingiuria e diffamazione, meritasse una piu' energica tutela non e' ragionevole che questa tutela sia invece immotivatamente compressa nelle prime fasi del procedimento. La questione e' rilevante dal momento che ove l'art. 410, primo comma, del c.p.p. fosse dichiarato incostituzionale nella parte in cui prescrive che con l'atto di opposizione la parte offesa indichi, a pena di inammissibilita', la investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova, anziche', piu' semplicemente, le ragioni della sua opposizione, come dettava la legge delega, l'opposizione presentata da Tanis Asim sarebbe pienamente ammissibile. E va rilevato, per inciso, che non possono certo definirsi "indagini suppletive", che sono quelle necessarie ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto, le informazioni sulle complete generalita' delle persone querelate, che questo g.i.p. ha chiesto al p.m. al solo scopo di poter sollevare la presente eccezione di incostituzionalita' dandone avviso al difensore degli indagati.